In piena facoltà, egregio presidente, le scrivo la presente…, è l’inizio de”il disertore di Boris Vian, nel testo adattato dal francese da G. Calabrese e cantato tra gli altri da Ivano Fossati. Parole e note della canzone risuonano nella mia mente ogni volte mi trovo ad apprendere che lo stato in cui vivo è impegnato in azioni militari per definizione stessa votate a consegnare morte e distruzione in qualche angolo di mondo globalizzato. Da questa considerazione la balistica dei discorsi può assumere innumerevoli traiettorie: dalla tirannia di Gheddafi, al viraggio del leccaculismo dei nostri politici in azioni di responsabilità dietro la risoluzione Onu, agli interessi di Sarkozy, di EDF, di ENI e altro ancora, senza dimenticare l’art. 11 della costituzione repubblicana che, salvo abrogazioni, recita che l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli, nonché come strumento di risoluzioni di controversie… Ma se davvero la complessità è il paradigma della società in cui viviamo è forse opportuno anche farsi anche altre domande. Da dove arriva dunque questo desiderio di andare alla guerra ? La psicoanalisi per esempio ha scritto molto su questi argomenti a partire da Freud stesso, dal suo carteggio con Einstein il tema è stato affrontato da molti altri autori di orientamento psicodinamico. Appropriato per sviluppare qualche riflessione in proposito mi è sembrato un vecchio articolo di Amedeo Caruso dal titolo emblematico “psicopatologia della guerra e del terrorismo” http://www.centrostudipsicologiaeletteratura.org/arcaru53.html. anche se non ne condivido del tutto le conclusioni, amare e irrimediabilmente pessimistiche. Più che su letture junghiane e o post-junghiane vorrei approfondire le teorie di Fornari che forse oggi risuonano datate e utopistiche, soprattutto nelle sue prospettive politiche (gruppo anti H, ecc.). Next time
Tangram Boves 